TESTI

Maria Cristina De Amicis
Significato e Senso (2004)
per voce ed elaborazione elettronica
Testo di Anna Maria Giancarli, da I trucchi del reale, ed. Manni, Lecce 1999

ore 6 – I giochi allusivi della parola

il discorso incominciò con le solite messe a punto della situazione
stagnante e si dipanò oltremisura per quell’ingordigia delle parole
che ingannevoli offrono un barlume di contatto fra le persone

i pensieri quella mattina presero la via del profondo in modo
leggero le frasi rotolarono a valle con estrema delicatezza
bloccandosi al bivio dei ricordi inconsapevoli

si trattava di scegliere la direzione del tracciato di forzare
il blocco emotivo che congelava le sillabe cristallizzate dalla
paura ansiosa

meglio in questi casi parlare con una persona capace di
dileguare quelle orrende complicazioni interne asfissianti che
strangolano la composizione di suoni in cerca di significato

si continua traballanti ma spinti dalla spontaneità dell’interlocutore
e il possibile si fa strada nelle richieste

le conversazioni hanno una logica intrinseca spesso occultano
il bisogno di svelarsi altre volte si contorcono in complicità
fuorvianti quasi sempre barcollano trascinandosi dietro un io
penzolante che tenta di costruirsi un varco
ancora adoperate
ad arte si rivelano uno strumento prezioso per meschinità intenzionali
all’insaputa del destinatario in ogni caso non consentono di
intravedere in anticipo la loro direzione che si manifesta
all’improvviso inanellandosi di battuta in battuta

quella mattina un’aria di complicità rendeva impalpabili
le frasi ed accadde dopo secoli di enigmatica attesa di poter
conoscere la storia…
di una vita che si saziò alla fonte gelida delle circostanze
e degli avvenimenti sepolti

tutto o quasi si materializzò l’inafferrabilità prese consistenza
corporea nell’attrice di quegli eventi
e il macigno della verità non potè
essere accantonato

per pochi attimi la felicità fece sentire i suoi brividi
nelle maglie larghe del colloquio una sazietà di disvelamento
allagò il corpo unita allo struggente dolore dell’abbandono
all’origine del fuggevole esserci
si stampò il rifiuto
la ri-velazione divenne uno spiraglio polveroso da cui dovevano
essere strappati altri veli depositati infittiti intatti
la verticale capacità di attesa si contrasse vertiginosamente
e si afferrò a brandelli di passato
soltanto allora la
conversazione cadde per dar posto ad un silenzio urlante e consapevole

Angelo Conto
Vegetables
Per voce
Su testo di Gertrude Stein
Voce Patricia Lowe
Testo di Gertrude Stein da Tender Buttons – Food, New York, 1914, © The Estate of Gertrude Stein

What is cut. What is cut by it. What is cut by it in.

It was a cress a crescent a cross and an unequal scream, it was upslanting, it was radiant and reasonable with little ins and red.

News. News capable of glees, cut in shoes, belike under pump of wide chalk, all this combing.

Silvia Lanzalone
Ombre, Penombre, Bagliori, trittico d’arte, musica e poesia (2012)
Per voce, immagini ed elettronica
Testi Ugo Lanzalone
Immagini Bruno Lanzalone

Senza titolo1
Bruno Lanzalone, Giordano Bruno, tempera su cartone (2005)

Giordano Bruno

Incappucciata sotto il saio nero
che a pesanti pieghe la copre
l’immobile figura
nera verticale pensa
dentro il rosso che arde a vampe dritte
e non la tocca – il rosso nella tonaca è riverbero oppure inizio? –
e brucia rossa nelle immobili fiamme
verticali l’Urbe; solo un vortice
infuocato si muove in spire rosse
dietro sopra
il nero che non brucia.
Brucia invece la Cupola dei Papi.
E intatto resta il monaco, sdegnoso taciturno.
Si capovolge la storia
e i furori pensieri del monaco difficile linguaggio di volto indecifrato
gettano fiamme eretiche,
orizzontali neri
che entrano nel rosso
e appiccano altro incendio nell’incendio di rossa ira curiale.
Non è Giordano il rogo,
non la pira, è l’Urbe. E ah! quel bianco
immobile colonna e macchie nere dentro non è innocenza,
è attesa
pronta a darsi al più forte
dei rossi e neri in lotta e dietro sopra il bianco il rosa
non è tramonto, aurora che addolcisca
ma riflesso ambiguo
non femminile, che inquieta
e l’incendio propaga subdolo blando. Sorprendente un verde poco
è quasi un’ironia di precario equilibrio
e non squarcio ma toppa
che chiude ad altri mondi. Ma Giordano
nero massiccio in sé stesso chiuso
tutta squilibra una scena chiusa
tutta terrena
senza trascendenza.

Ugo Lanzalone, poesia inedita (2006)

Senza titolo2
Bruno Lanzalone, La pietra dei filosofi, tempera su cartone (2005)

La pietra dei filosofi

Squarci di lattescenze azzurre
si aprono tra arcate travi condotti, masse scure
sghembe sbilenche in bilico di spigoli senza dolcezze curve ondulazioni,
di civiltà in rovina
dove il cupo incupisce azzurri e bianchi.
Non è vera la luce
ma quasi una minaccia
e poco può promettere il chiarore
pentagonale di pietra opalescente
a cieli troppo vicini,
azzurri quasi notturni
di luce lattea lunare.
E invece un arancione può salvare – il più chiaro, non gli altri
quasi anneriti da fuliggine antica
di ostili geometrie quadrangolari –
e dare un’allegria, anche se poca
di un sole forse però anche morente. L’antenna invece allora,
la sottile linea
intelligente nera
sottilissima e dritta, forte anche di sbieco, vigile, tesa,
può aspettare messaggi
da ignote lontananze
epifanie di dèi
e dalla punta lattea minerale
a distanza perfetta uguale altezza
ricevere alchimie
e trasmutarsi nell’assente oro.

Ugo Lanzalone, poesia inedita (2006)

Senza titolo3
Bruno Lanzalone, La cupola del Pantheon, tempera su cartone (2005)

La cupola del Pantheon

Il vortice di case
nel moto circolare, quasi ebbrezza
di ubriacatura o mistica vertigine,
è movimento immobile
che le fiammate rote
di forte rosso
ruotano la città di colori in delirio, l’occhio
non può guardare dritto ma girare
in circolari orbite
e a rota a rota
da pesante terra
ai più lievi cerchi
di rossa trinità cerchio nel cerchio del cerchio più perfetto
cui il guardo giunge obbligato
da immoto vortice
dove nel quasi centro
i due altri si incrociano nei gialli
chiari più chiari
e oltre il dietro di materia
un varco luce di bianco anche non incontaminato si apre ad altri mondi
e dall’oltraggio irradia.
I gialli raggi a tutto giro tentano
di alleggerire il mondo
giù più pesante di rossi verdi blu rosa viola neri stretti a massa.
E la cupola vola.
E di mistica luce si dissolve.
Ma non risucchia il mondo che resiste.
Ma i due ovuli ovali sangue rosso
anche hanno luce di bianco,
giallo chiaro. Intanto
un triangolo azzurro
quasi inavvertito
volge la punta al cerchio centro bianco più perfetto
dove altro azzurro chiama
e asserena lo sguardo.

Ma che ci fanno quelle increspature
materia aggiunta alla materia.
Nella luce quale segreto dicono?

Ugo Lanzalone, poesia inedita (2006)

Damiano Meacci
s_suite: per live electronics e voce
Testi e Voci registrate: Simona Polvani Live electronics: Damiano Meacci

periplo
Braccia bocche schiene
capelli trattenuti
culi tesi
abiti rivoltati
passi a singhiozzo
teste rovesciate

La tua barba
Solo all’indietro ho potuto percorrere
il periplo del castello
Affondando nell’odore inebriante
di gelsomino, mi sono graffiata
tra i sassi, con la mente finalmente
felice per la parola morta-
ritrovata nel buio accecante
risucchiata solo nel tuo sentire
Tra le mani, tra le tue mani impigliata
sono alga, anemone, corallo

la parola

Dico
a te
perché
non parlo a te

Dico
a te che abiti
nella mia testa
perché non ti parlo

Tu agiti acque
frulli musica
apri varchi di carne
in attesa

Si consuma in un rito di
mezza sera mezza notte
mattino iniziale
la parola che ti parlo e
tu restituisci in eco

A volte mi confondo
e la prendo come voce
del mondo

La guerra infuria e insozza
camici bianchi sulla vita aperti
Tutto è scoppiato anche qui
nel fuori di cui sono parte

Sono schiantata, anch’io
Albero albero albero
fulmine fulmine
che ti sei abbattuto
albero albero io io albero
io albero
scheletro imprigionato schiantato
invaso dal mondo chiuso al mondo
Non c’è riparo dal mondo

Un dolore strazia la mente
che desolatamente fa resistenza
Speranza sogno speranza
desiderio, desiderio, desiderio -ripete incessantemente
la mente
Il piede si impunta
perché la vita non la spunti

Anche tu a cui non parlo
sparisci allora

Dove la parola è deserta
Amore non nasce

fuga

Ti bacia la carne

Il vuoto è siderale
ci cadi dentro
voli in spirale
di luce infinita e buio

Buio

Buio
Ancora Buio

Il corpo guarda oltre l’assorbimento e la dispersione
la mente cede
Il corpo è di carne
la carne respira
il respiro resiste

Buio e vuoto

Si ribella la carne
geme, spasima, si contorce il morso di carne
il piacere scava, genera moti centrifughi
Fuga
Fuga

Fugge la fuga

Fuggi
Fuggo

Salto nel vuoto della carne
Mi inghiotte la carne
La carne ti bacia

Ardita Ernesto
Soy (2013)
per voce ed elettronica
su testo di J.L Borges
performer vocale Antonio Amendola

SOY

Soy el que sabe que no es menos vano
que el vano observador que en el espejo
de silencio y cristal sigue el reflejo
o el cuerpo (da lo mismo) del hermano.

Soy, tácitos amigos, el que sabe
que no hay otra venganza que el olvido
ni otro perdón. Un dios ha concedido
al odio humano esta curiosa llave.

Soy el que pese a tan ilustres modos
de errar, no ha descifrado el laberinto
singular y plural, arduo y distinto,
del tiempo, que es uno y es de todos.

Soy el que es nadie, el que no fue una espada
en la guerra. Soy eco, olvido, nada.

Domenico De Simone
Talking k[NOT]s
Testo di Anna Maria Giancarli, Il tempo circolare
(I quipus della memoria – da Sconfinamenti, Campanotto editore, Pasian di Prato, Udine 2006)
musica e video: Domenico De Simone
voce recitante: Ilaria Drago

mi troverai al centro d’una rosa
sull’erba folta delle vette
mi troverai nel vento che le sfiora
mi scorgerai tra fiumi di cristallo
nelle vallate e sulle steppe andine
nei voli del condor Alidoro

mi sentirai nell’energia diffusa
nei sorrisi disabitati di conquista
nel sangue rossodoro dei massacri
mentre stringo l’acerra della riconquista

mi troverai nel respiro dei miei avi
nell’audacia del colibrì
mi troveraie nella forza del bisonte
ancora nello slancio dei segni che m’infiora

mi cercherai tra cerchi di mistero
in sillabe di fuoco cercherai
ma con la fantasia

mi troverai
immerso in sonno vigile t’attendo
a svelarti l’enigma dei nodi
a sfidare la morte se mi òdi

mi troverai nella tua stessa vita
nello spirito indio della mente
nel flusso tuo cosmico vitale
allora i fili del tuo quipu annoderai
e parole sepolte svelerai

Il filo nero(I quipus della memoria – da Sconfinamenti, Campanotto editore, Pasian di Prato, Udine 2006)

La memoria può barare
un nodo è una chiave
un colore è una chiave
ricordo che nero è il tempo
e che ritorna sempre s/correndo su se stesso
imperituro plasma l’universo

Mario Verandi
“tour de trance” (2008)
per voce recitante,live sound e video performance
su testo di Monika Rinck

my task, she said, was poisoning time.
how it all turned, repeated, extended
and rotated, the warmth was a space so vast,
so catastrophically great, it was an arena
in which the debris of objects drove forth,
wild blows into the distance, none heard,
every one felt, those waves of concussion
where something was lacking, it all became larger,
turned, rotated, came into that lurching
and then remained still in the center.
weariness was a cure, the weight of
the atmosphere, hallucinogenic emptiness
recoiled, now turning less
as if the blows were, as they are,
matter of rarefaction, as if time,
this wrenching space, was precisely and
delightfully poisoned, in its texture
the chemical frailty, it seethed,
choked, the white bed of crusts
forming there becomes richer, toxically
the blows subside, it turns,
turns imperceptibly, and stops.

Angelo Benedetti
L’eco della mammella (2013)
Per voce recitante ed elettronica
Testo di Barbara Pinchi
Voce e performer Barbara Pinchi
Live electronics Angelo Benedetti

L’ECO DELLA MAMMELLA

USCIRE DALL’ECO DI QUESTA MAMMELLA,
DENUTRIRSI. METTERE LA SETE PRIMA DEL DESIDERIO.
STARE ALLA DOMANDA DEL PRIMORDIO
SUBIRE LO SCIACQUETTIO DELLA PLACENTA.
DA TE CHE SPREMI A ME SOSTANZASPREMUTA
RIMANE LA POLPA DENSA DELLE PAROLE.
DA TE CHE INGHIOTTI ALL’ALTRO CHE CIBA
RIMANE UNA MISURA DA CAVARE.
PORTARSI NELLA VITA SENZA LA NENIA DEL QUOTIDIANO.
AGGETTIVI, DEFINIZIONI, POSIZIONI PERMANENTI DELLA CIVILTA’.
ALL’ORIGINE L’ORIGINE ERA ORIGINE.
CREAVA. CURAVA.
CUSTODIRE, ADOTTARE IL BENE AL PARI DEL MALE,
DESTARE LE CIGLIA LANGUIDE CHE CI FANNO PARTORIRE QUESTI UMANI.
UMANI CON CADAVERI DI DONNE TRA LE MANI, MANI DI DONNE CHE ALLEVANO
QUESTI UMANI.
UN QUALCHE NASCONDIGLIO INSANO E DOLENTE E’ IN NOI.
FACCIAMOCI SORGENTE, FACCIAMOCI.
COSTRUIAMOCI LUOGHI PERFORATI DALLA GIOIA. COSTRUIAMOCI.
INNESCHIAMO IL GRIDO DI MERAVIGLIA TRA LE FOGLIE CHE SONO LE CAREZZE
DELLA TERRA.
DIAMOCI FAME DI SILENZIO, AURORA DELL’ASCOLTARE.
DICIAMOCI IL PRINCIPIO, CHE SIAMO NOI IL TESTAMENTO DI QUESTO FUTURO

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